Un ragazzo

di Nick Hornby

La nostra recensione

Alla maggiori parte del gruppo di lettura il libro è piaciuto per il tono leggero che però induce a riflessioni. Un libro di crescita, di formazione, si potrebbe dire, senonché a crescere non è solo il dodicenne Marcus ma soprattutto e inaspettatamente il trentaseienne Will. Sullo sfondo dell’inghilterra degli anni ‘ 90 (che assomiglia all’Italia attuale con 20 anni di ritardo) la solitudine di Marcus, emarginato per la sua stravaganza, e quella di Will che preferisce non avere relazioni profonde per non rimanere coinvolto, si incontrano. Le riflessioni del dodicenne sono profonde, anche troppo vista la sua giovane età. D’altra parte è figlio di due genitori che non sembrano essere adulti e responsabili: il padre continua a comportarsi da eterno teenager e la madre vive melodrammaticamente immersa negli anni 70 imponendo a Marcus abbigliamento, musica e taglio di capelli ormai antiquati. La conclusione di Marcus, che servono più relazioni per potersi salvare, è amara ma al tempo stesso veritiera: se gli adulti di riferimento non sono cresciuti e quindi affidabili, non si può portare il loro fardello sulle spalle e conviene reggersi su altre figure (bella l’immagine della piramide umana).

La trama:

Will, trentasei anni, londinese doc, vive di rendita e misura la propria realizzazione personale in base al punteggio ottenuto nei test delle riviste. Donne? Quella ideale è separata, con figli e in rotta con gli uomini, cioè: ognuno a casa sua e nessun problema. Come Fiona, che Will ha conosciuto infiltrandosi in un gruppo di sostegno per genitori single: peccato che sia troppo hippy, troppo vegetariana, troppo fissata con Bob Marley e soprattutto madre di Marcus, un ragazzino dodicenne così fuori dal mondo da scambiare Kurt Cobain per un giocatore del Manchester United.